Il territorio della Ciociaria

La provincia di Frosinone ha un’estensione areale di 3.239 kmq, con 91 comuni ed un totale di 477.502 abitanti (Istat 2019). Presenta una forma allungata con l’asse maggiore in direzione appenninica (nord ovest-sud est). In tutto il territorio si individuano tre principali unità morfologiche: i rilievi appenninici dati dai Monti Simbruini, i Monti Lepini fino al gruppo della Meta Mainarde; i rilievi preappenninici con parte dei Monti Lepini, Monti Ausoni ed i Monti Aurunci; la Valle Latina, ampia depressione valliva che separa i complessi appenninici e preappenninici. I rilievi appenninici, che bordano tutta la provincia da nord verso nord est, rappresentano il naturale confine con l’Abruzzo ed il Molise. Si tratta di un complesso montuoso caratterizzato da rilievi con vette che superano i 2000 metri di altezza come Monte Viglio (2156 m), Pizzo Deta (2041m), Monte Meta (2241 m). Essi sono i rilievi più elevati della provincia.

 

A confine con le provincie di Roma e Latina, da ovest andando verso sud, si elevano i rilievi dei Monti Lepini, Ausoni ed Aurunci. Tre distinti gruppi montuosi facenti parte del preappennino laziale, ma che nel loro insieme rappresentano un’area geografica omogenea, ben delimitata sia sotto un profilo geomorfologico sia sotto quello storico, ambientale e  culturale. Infatti fino a tutto il 1700 questi complessi montuosi erano conosciuti e riuniti sotto un unico nome: Monti Volsci.
Tra le vette più imponenti dei Lepini, Ausoni e gli Aurunci abbiamo: Monte Alto (1416 m), Monte Cacume (1095 m), Monte Calvilli (1116 m) fino al Monte Fammera (1184 m) caratterizzato da rupi scoscese e pareti a strapiombo con dislivelli morfologici che superano i 500 metri.
Entrambi i complessi montuosi (Lepini, Ausoni ed Aurunci/Simbruini, Ernici fino al gruppo Meta-Mainarde), presentano il tipico allineamento appenninico con direzione nord ovest-sud est. Tale allineamento la conseguenza diretta delle spinte compressive tra la placca africana e quella europea, con direzione principale est-nord est. Il sollevamento della catena appenninica va ricercata indietro nel tempo geologico fino al Miocene (da 24 a 5 milioni di anni fa) quando lo scontro tra i due blocchi fu così intenso da determinare la completa emersione dell’Appennino. Il paesaggio di questi rilievi carbonatici quello tipicamente carsico. Monti dall’aspetto aspro, pressoché privi di acque di scorrimento superficiale, con vasti pianori costellati da conche ricoperte da terre rosse residuali. Questo paesaggio il risultato di un insieme di fenomeni, iniziato da alcuni milioni di anni (Quaternario, da circa 2 milioni di anni fa fino al periodo attuale) e che ha determinato un lento processo di erosione delle rocce, sia superficiale (epigea) sia sotterranea (ipogea). Le rocce carbonatiche, normalmente insolubili, diventano molto solubili quando vengono a contatto con acque acidule (ovvero arricchite di anidride carbonica), come lo sono le acque piovane.
Le acque meteoriche esercitano sui carbonati un’azione chimica, oltre che meccanica riescono infatti a provocare la dissoluzione di queste litologie in determinate condizioni climatiche, lasciando sul terreno solo i residui insolubili, come le terre rosse, ricche di ossidi e quindi molto fertili. Sulle pareti delle rocce si formano inizialmente delle scanalature, dei solchi, via via sempre più incisi e profondi. Le forme carsiche epigee più tipiche sono le doline, gli hum, i campi solcati, i pozzi. Diversi esempi di imponenti fenomeni carsici si hanno nella provincia di Frosinone: dal Tomolo (630 m. di diametro e profonda 130 m.), dolina sui cui bordi edificato l’abitato medioevale di Campoli Appennino, al Pozzo d’Antullo, una vera voragine larga 150 m. e profonda 60 m.
 

Suggestive e molto spettacolari sono le forme di erosione carsica ipogee. Le acque acidule, infiltrandosi nelle fratture delle rocce, riescono a scavare cunicoli tortuosi, fino a generare ampie cavità come grotte ed abissi che possono svilupparsi per diversi chilometri, ricoperte da stalattiti e stalagmiti, solo quando lo stadio evolutivo del carsismo maturo, generando nel sottosuolo un mondo suggestivo ed unico nel suo genere. Le Grotte di Pastena, tra le più belle nell’area, sono formate da un ramo fossili che si snoda per circa 880 m. ed un ramo attivo lungo circa 2000 m.  Altro esempio in Ciociaria le Grotte di Collepardo.

La Valle Latina la più ampia depressione della provincia; essa separa le strutture dei Lepini – Ausoni – Aurunci dai Monti Simbruini – Ernici – Meta – Mainarde. Ad andamento appenninico, la Valle Latina più stretta a nord ovest di Frosinone e diviene sempre più ampia andando verso sud est, fino a confluire nell’ampia depressione valliva del cassinate, al confine con la Campania. Nel tratto a nord di Frosinone, la Valle Latina meglio conosciuta come Valle del Sacco, proprio perché ospita il corso dell’omonimo fiume, che nasce in provincia di Roma. Affluente del Sacco il Cosa, le cui sorgenti sono nei Monti Ernici e che, attraversato il centro di Frosinone, si immette nel Sacco a nord ovest di Ceccano.
 

Il corso del Sacco, con andamento meandriforme, in prossimità di Isoletta, confluisce nel Liri. Il Liri, fiume le cui sorgenti sono localizzate nell’Appennino abruzzese, certamente elemento morfologico significativo dell’area sud della provincia e della valle di Sora. Con un corso meandriforme il Liri, dopo aver attraversato la piana di Sora , raggiunge Isola del Liri, dove precipita con un salto di 30 metri originando le celebri cascate. Affluente importante del Liri, oltre al fiume Amaseno il Fibreno, il cui acquifero regionale è localizzato nella struttura carbonatica dei monti della Val Roveto e del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Le sorgenti del Fibreno sono importanti sia per l’ottima qualità delle acque sia per le abbondanti portate, di circa 10 mc/s. Verso sud (area PontecorvoCassino) dell’antico bacino lacustre quaternario rimangono solo le testimonianze di sedimenti e fossili (limi argillosi e sabbie calcaree a stratificazione incrociata, argille grigie ed ocra, ghiaie e sabbie con malacofauna dulcicola).

La continuità morfologica delle strutture montuose appenniniche è interrotta da valli fluviotettoniche con andamento antiappenninico, e con incisioni più o meno pronunciate. La principale fra tutte la Valle del Liri, secondarie ma non per bellezza e risorse ambientali, le Valli del Melfa e del Rapido (dalla Valle di Canneto nel Parco Nazionale d’Abruzzo, alle Gole del Melfa, fino alle sorgenti lineari del Rapido). Queste valli fluviali, con andamento circa nord est-sud ovest, si sono impostate lungo preesistenti linee tettoniche (piani di faglia, fratture e aree di debolezza della roccia) lungo le quali si sono incanalati torrenti e fiumi, fino a modellarne il fondo.

Il grosso apporto idrico al fiume Liri è garantito dalle sorgenti del Gari, le cui portate raggiungono 18 mc/s. Il fiume Gari, con una portata costante durante l’anno ed una notevole stabilità del flusso, la più grande sorgente dell’Italia centro meridionale. Dall’unione del Liri e del Gari si origina il Garigliano, che segna il confine tra il Lazio e la Campania. Le grandi strutture montuose della provincia sono anche le aree caratterizzate dalla maggiore concentrazione di risorse ambientali e culturali, tali da essere territori protetti e dove poter sperimentare nuove e sostenibili occasioni di sviluppo: dal versante laziale del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise con la Riserva Naturale Regionale del Fibreno, al Parco Regionale dei Simbruini, al Parco Regionale degli Aurunci.

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