Fossa Majura e Fossa Micciola a Campoli Appennino

Fossa Majura e Fossa Micciola a Campoli Appennino (Frosinone). Fossa Maiura, gigantesca voragine ricordata già da tempi remoti (“descrittione d’Alvito et suo Contato” Prudentio 1574) nei testi di storici e naturalisti, per le sue peculiarità geologiche e naturalistiche. La zona rimane tuttora un esempio di integrazione tra le attività umane (agricole e pastorali) e gli equilibri naturali, malgrado l’inarrestabile processo di abbandono delle terre, riveli oramai la testimonianza di un epoca quasi perduta.

A pochi chilometri dal paese di Alvito, fra le montagne confinanti con l’Abruzzo, c’è la cosiddetta Fossa Maiura (815 m), una depressione carsica che forma quasi un anfiteatro naturale: si tratta di una gigantesca dolina profonda circa 100 metri e di 3 Km circa di circonferenza, a forma di tronco di cono rovesciato che ha un perimetro superiore al chilometro. Qui hanno origine le acque d’alimentazione del Fibreno.

Nell’ambito del territorio esiste una sorgente dalla quale scaturisce acqua sulfureo-ferruginosa. Questa particolarissima depressione carsica con le antiche contrade di Cortignale e Cappudine, oggi abbandonate, allo stato attuale si presentano come veri e propri Paesi Fantasma. I due borghi si sono spopolati del tutto già nel dopo guerra, ma tra le mura delle case di pietra si possono ancora comprendere le usanze e le regole della civiltà contadina scomparsa. La vastità di questo invaso a forma di imbuto è veramente impressionante e numerose frane tendono ad allargarla sui bordi, mentre il fondo è cosparso di cavità e di vegetazione, che utilizza il particolare habitat creato dall’ invaso umido per prosperare.

Numerosi sono pure gli animali che trovano rifugio nella Fossa Maiura: non è raro intravedere falchetti involarsi dalle pareti. Anche i fianchi, su cui corre una strada sempre in via di smottamento, sono coperti da una variegata vegetazione di aromatiche, tra cui, oltre a quelle già citate, spiccano i rametti densi della ruta e i fitti cespugli spinosi del ginepro. Presenti nell’area anche folte siepi, ciliegi, sorbe, noci e noccioli, roverelle, carpini, biancospini, frassini, ailanti infestanti e ginestre.

A terra lingue di cane, scrofularie, sclaree, speronelle, aglio orsino e rose canine. Qua e là pioppi bianchi e tremoli. Intorno alla fossa, dopo circa mezz’ora di passeggiata, si giunge ad un bivio, prendendo a sinistra (SE) si va in direzione “Castello” (la sterrata si ricongiunge alla strada che conduce al cimitero della frazione Castello), proseguendo a destra (SO), la via sale dolcemente verso il Monte Morrone, nonostante l’aspetto brullo di colli e doline, all’osservatore attento non sfuggirà la varietà di essenze che si incontrano, macchie di ginepri e sambuchi, si alternano a boschetti di ornielli, maggiociondoli, querce, noccioli, ciliegi, aceri campestri, pini, campi coltivati e prati esaltano le fioriture primaverili di fiori di campo e meravigliose orchidee (morio, pauciflora, italica, purpurea, ecc.), giunti alla cresta del Morrone, ci si affaccia sul lago di Posta Fibreno, sul Castello di Vicalvi e sulla Città di Sora, alle spalle la cinta dei monti del Parco Nazionale d’Abruzzo fa da cornice ad uno stupendo panorama che abbraccia la Valle di Comino e parte della Valle del Liri.

Proseguendo verso sud-est, in circa 10 minuti si può visitare un’altra dolina di origine carsica (più piccola di Fossa Maiura) denominata “Fossa Lisa“.

(Foto di Gilberto Pompilio)  

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