Ceprano – Collegiata di S. Maria Maggiore

La Chiesa di S. Maria Maggiore, secondo gli storici locali, risalirebbe all’anno 45 d. C., anno in cui, secondo la leggenda, fu fondata dall’apostolo Pietro mentre era in transito per Ceprano diretto a Roma. Notizie certe invece si hanno per il periodo medievale, quando la chiesa ebbe un ruolo molto importante. Qui nel 1080 Papa Gregorio VII ricevette il giuramento di vassallaggio di Roberto il Guiscardo. Nel luglio dello stesso anno il Papa, presenziando alla solenne celebrazione del santo Arduino, arrivato a Ceprano nel VI secolo, ne approvò il culto.

La Chiesa, che gode del titolo di Collegiata, fu quasi completamente ricostruita dopo la distruzione dovuta ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Si occupò della ricostruzione un protagonista della scena artistica e culturale romana negli anni del pontificato di papa Pio IX Mastai Ferretti (1846-1878) e del primo decennio della capitale unitaria, ) l’architetto Virginio Vespignani (1808-1882).

Figura di spicco nel panorama dell’architettura italiana del XIX secolo non solo operò su Roma, ma egli fu attivo anche nei territori dello Stato Pontificio con importanti fabbriche teatrali (Viterbo, Orvieto), allestimenti temporanei e opere pubbliche realizzate in qualità di architetto camerale, palazzi per famiglie emergenti di città della provincia di Orvieto, a Viterbo, Tarquinia, Ceprano.

La chiesa conserva il suo stile neoclassico e all’interno custodisce le reliquie e una preziosa statua lignea di S. Arduino sacerdote (VII sec.), il santo che al ritorno dai luoghi santi in Palestina, si fermò a Ceprano ove fu colpito dalla peste e trovò così la morte il 28 luglio 627. Gli fu data sepoltura nella chiesa di Santa Maria Maggiore.

Nella chiesa è inoltre custodita l’urna di pietra marmorea che racchiuse le spoglie di Manfredi di Svevia, ultimo re svevo. Narra la storia (che sa di leggenda) che, sconfitto e morto in combattimento Manfredi a Benevento, fu presa la decisione di seppellirlo in terra sconsacrata ma non potendo realizzare il proposito nel regno di Sicilia perché feudo papale, né negli stati del papa stesso, e non essendo opportuno, per ovvii motivi politici, far del cadavere un simbolo per i partigiani di casa sveva, si decise di tumulare il corpo sotto un pilone del ponte di Ceprano, in un luogo direttamente controllato dal papa e, contemporaneamente, in “terra di nessuno”.

Anche Dante racconta nel Purgatorio, del suo incontro con Manfredi, con queste parole: “Or le bagna la pioggia e mo ve il vento / di fuor dal Regno, quasi lungo il Verde,/Dov’ei le trasmutò a lume spento” (III, 130-2).
Questa tradizione sarebbe confermata dalla scoperta di un sarcofago trovato nelle vecchie mura del ponte, che fu diroccato nel 1614, decorato con l’aquila sveva ed oggi conservato nella chiesa collegiata cepranese. Si segnalano due palazzi ottocenteschi dei Marchesi Ferrara, l’uno a destra, ormai distrutto, l’altro a sinistra della facciata della Chiesa Collegiata di S.Maria Maggiore.

 

(Ultimo aggiornamento: 8 Luglio 2021)

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