Alberto Lolli Ghetti

Chi era: Ufficiale del regio esercito
Nato a: Ferentino il 4 maggio 1915 – Morto a: Tobruck  il 2 dicembre 1941

Nacque a Ferentino, da Ambrogio e Luisa Sterbini, il 4 maggio 1915. Si iscrisse al Ginnasio nel Collegio “Martino Filetico” della sua città e, in quegli anni di gioventù, cominciò a manifestare l’intenzione di far carriera nell’esercito, seguendo l’esempio di altri suoi congiunti. Punto di riferimento in questo senso fu il padre, di sentimenti repubblicani e socialisti, che educò il giovane Alberto ai doveri verso la Patria ma anche alla difesa dei diritti civili, vilipesi dal fascismo.

Dopo aver conseguito la licenza liceale a Frosinone, nel 1935 si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza all’Università di Padova, ma lasciò gli studi qualche mese dopo per sostenere il concorso nelle Forze Armate. Nel 1936 entrò quindi con il 118° corso nella “Regia Accademia di Artiglieria e del Genio” di Torino, della quale fu allievo “sempre lodato per disciplina e attaccamento ai doveri”. Il 4 novembre del 1938 prestò solenne giuramento di fedeltà al Re e divenne ufficiale effettivo del Regio Esercito, entrando nella Scuola d’Applicazione per la preparazione professionale.

In qualità di Tenente del Genio, partecipò alla Seconda Guerra Mondiale nel XX Reggimento in Africa Settentrionale. L’ordine di prendere parte alle operazioni belliche gli giunse il 13 dicembre 1940, mentre si trovava di stanza a Napoli per un periodo di addestramento. Dopo un breve soggiorno a Tripoli, la sua compagnia, nella quale figuravano altri 26 suoi concittadini, si attestò alla fine di quell’anno nel deserto.
L’azione nella quale fu protagonista avvenne il 21 novembre 1941: un reparto della 1ª Compagnia Genio Artieri d’Arresto fu inviata, alle prime luci dell’alba, oltre le linee verso Tobruk con il compito di sminare l’area; mentre il lavoro procedeva speditamente, gli avversari attaccarono i soldati italiani e tedeschi. Alberto Lolli Ghetti organizzò quindi la difesa e, dopo quattro ore di accerchiamento, riuscì ad aprire un varco, liberando il reparto dalla morsa nemica.

A quel punto, si accorse che la batteria tedesca rischiava di capitolare, perciò tornò indietro per prestare il suo aiuto: riuscì anche in questa difficile operazione, ma mentre stava coordinando il rientro dei suoi uomini al campo base, un proiettile di carro armato lo colpì, troncandogli quasi del tutto la gamba sinistra. Nonostante la tremenda ferita, continuò a combattere fino a che tutti i suoi commilitoni non raggiunsero le linee amiche. Trasportato da un mezzo tedesco al 96° ospedale da campo, subì l’amputazione dell’arto ma rifiutò l’anestesia per lasciare il cloroformio ad altri soldati feriti. Tra il 24 ed il 25 novembre 1941 venne trasferito all’ospedale della divisione e successivamente all’ospedale da campo 893 di Derna, ma la profondità della ferita era tale che morì il 2 dicembre di quello stesso anno.

È stato decorato di medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria con la seguente motivazione: “Dotato di alto spirito di sacrificio, al comando di un plotone artieri minatori si distinse in ardimento e capacità nell’esecuzione, sotto continuo fuoco avversario, di lavori di approccio per l’attacco di munitissima piazzaforte avversaria. Attaccato di sorpresa da forze corazzate, mentre è intento al lavoro oltre le linee, raccoglie i propri uomini e contrattacca a colpi di bombe a mano. Successivamente, accortosi che una batteria di artiglieria sta per cadere in mano dell’avversario, con felice iniziativa e generoso cameratismo, accorre al suo plotone a compiere il lavoro di disancoraggio; egli stesso impugna un attrezzo, geniere tra i genieri, animando il febbrile lavoro, e salva la batteria. Prodiga quindi ogni sua energia per disimpegnare il plotone da critica situazione e, mentre sta per raggiungere l’intento, viene colpito da proiettile di carro armato, che gli stronca una gamba. Incurante delle sue gravi condizioni, rincuora i genieri feriti e dà disposizioni per il ripiegamento. All’ospedale da campo subisce una stoica amputazione della gamba e, subito dopo la grave operazione, si preoccupa di scrivere al capitano comandante la compagnia per fornirgli notizie dei genieri feriti e chiedere quella della compagnia. Morente, pronuncia superbe parole di soddisfazione per il dovere adempiuto e sublimi espressioni di devozione alla Patria. Fulgido esempio di salde virtù militari”.

Alla sua figura la città di Ferentino ha intitolato l’Istituto di Istruzione Superiore che si trova alle porte del centro storico.

Bibliografia
– A. Lolli Ghetti, “Mio figlio Alberto”, Roma, 1953.
– R. Galdieri, “La medaglia d’oro Alberto Lolli Ghetti”, Roma, 1953.

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