Nino Manfredi (Saturnino Manfredi)

Chi era: attore e regista cinematografico, regista e sceneggiatore teatrale.
Costituì una delle colonne portanti della commedia italiana.
Nato a: Castro dei Volsci, il 22 marzo 1921

Nino Manfredi, il Ciociaro d’Italia, è figlio di un maresciallo, nato e cresciuto tra Castro dei Volsci e Pastena, quando ha potuto ha sempre cercato la sua terra ed i suoi vecchi amici, la sua Ciociaria che ha sempre amato senza mai rinnegarla, quella terra che lo ha proiettato tra i grandi del cinema e della televisione italiana. Quando doveva parlare della propria formazione, citava sempre il nonno, un ciociaro che era emigrato in America senza mai vederla perché di giorno lavorava in miniera e di notte dormiva: il nonno che aveva inculcato nel giovane Saturnino (era il suo nome completo) il senso del risparmio, dell’appartenenza alla terra, delle radici (“In casa non c’era il bagno” – ­ raccontava sempre Nino ­– “e il nonno ci diceva: oggi fatela sotto il pero, domani sotto il melo, così li concimate. Quando mi trasferii a Roma per studiare all’Accademia gli spiegai cos’era il water: nonno, gli dissi, in città la gente la fa in una tazza, poi tira l’acqua e finisce nelle fogne. Ammazza che tempi, rispose lui, se butta via tutto!”).

Manfredi era diventato un volto della commedia all’italiana: il burino, il cafone, il contadino dal cervello fino e dalla parlata irresistibile. Quel ruolo è rimasto per sempre la sua identità televisiva anche quando, da anziano, giocava coi suoi ricordi. Ha condotto una vita senza chiacchiere: da sempre la moglie Erminia, e come figli un maschio e una femmina che gli hanno regalato sette nipoti. Tutto tranquillo, finché scoppia la bomba: nel 1985 Nino Manfredi ebbe una relazione con una signora bulgara, Svetlana Bogdanova, da cui nacque una bambina, Tonina.

L’attore si è sottoposto volontariamente alla prova del Dna ed è risultato il padre naturale della ragazza che ha preso il nome di Tonina Saturnino Manfredi. Muore all’età di 83 anni, il 4 giugno del 2004, dopo aver passato circa un anno in coma, nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Nuovo Regina Margherita di Roma. Oltre alla moglie Erminia, lascia tre figli: Roberta (che si occupa di produzione ed è la moglie del regista Alberto Simone), Luca (che fa il regista ed è stato sposato con l’attrice Nancy Brilli) e Giovanna. Dopo aver preso la Laurea in Giurisprudenza per compiacere i suoi genitori, inizia a frequentare a Roma l’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”.

In teatro fa i suoi esordi nella stagione 1947-1948, al Piccolo Teatro di Roma sotto la -direzione del suo maestro Orazio Costa, nella Compagnia di Vittorio Gassman ed Evi Maltagliati con Tino Buazzelli, recitando in testi perlopiù drammatici, in molti casi allestiti in prima assoluta per l’Italia. Nella stagione 1948-1949 recitò al Piccolo Teatro di Milano, sotto la regìa di Giorgio Strehler, nei drammi shakesperiani Romeo e Giulietta, La tempesta e Riccardo II insieme a grandi attori di prosa del calibro di Giorgio De Lullo, Edda Albertini e Lilla Brignone. Nella stagione 1952-1953 collaborò col grande commediografo Eduardo De Filippo, portando in scena al Teatro Eliseo di Roma tre suoi atti unici, Amicizia, I morti non fanno paura e Il successo del giorno, recitandoli insieme con Paolo Panelli e Bice Valori.

Ma la vena umoristica e la simpatia che caratterizzano tutti i suoi personaggi vengono alla luce sui palcoscenici del teatro di rivista. Sul grande schermo debuttò nel 1949. Raggiunge la popolarità alla fine degli anni Cinquanta grazie ad una serie di film dove interpreta l’italiano furbo in cui si specchia l’Italia del boom economico, come il dongiovanni di paese in “Tempo di Villeggiatura” (1956), il gangster dilettante in “Susanna tutta Panna” (1957) o l’aspirante ladro che per conquistare le ragazze si finge paracadutista in “Guardia, Ladro e Cameriera” (1958).

Si cimentò anche come doppiatore, prestando la propria voce tra gli altri a Robert Mitchum in Sette settimane di guai, Earl Holliman in Il pianeta proibito, quindi al francese Gérard Philipe e, tra gli italiani, Franco Fabrizi in I vitelloni di Federico Fellini, Sergio Raimondi in Piccola posta, Antonio Cifariello in La bella di Roma e Renato Salvatori in La domenica della buona gente e soprattutto in Poveri ma belli e i suoi seguiti.

In televisione apparve per la prima volta nel 1956, nello sceneggiato L’alfiere diretto da Anton Giulio Majano, ma è nel 1959 (annata chiave della sua carriera) che ottenne uno strepitoso successo di pubblico con la sua partecipazione a Canzonissima, accanto a Delia Scala, Paolo Panelli e il ballerino e coreografo statunitense Don Lurio. In quella memorabile trasmissione creò la macchietta del barista ciociaro di Ceccano, la cui battuta tormentone “Fusse che fusse la vorta bbona” entrò nel linguaggio comune. Riesce persino a convincere l’amico ciociaro Marcello Mastroianni, notoriamente restìo ad apparire in televisione, ad esibirsi in una scenetta insieme a lui.

Sempre dal 1959, a partire dai ruoli da protagonista sostenuti nei film L’impiegato e Audace colpo dei soliti ignoti direttida Gianni Puccini e Nanni Loy, diventa una delle colonne portanti della commedia all’italiana. Convince non soltanto in parti comiche o brillanti, ma anche come attore drammatico. I personaggi che interpreta sono uomini fondamentalmente ottimisti, in possesso di una loro dignità e moralità, destinati inevitabilmente alla sconfitta ma non umiliati; grazie alle loro doti di amara ironia, sono spesso in grado di sovrastare il prepotente e ipotetico vincitore. Sono oltre cento le pellicole della sua sterminata filmografia.

Memorabili alcuni suoi personaggi: nello sceneggiato “Pinocchio” (1971) di Luigi Comencini interpreta un memorabile Geppetto; nel film “Parliamo di Uomini” (1965) di Lina Wertmüller, interpreta quattro diversi personaggi, ottenendo il Nastro d’argento come migliore attore protagonista; l’innocente perseguitato in “Girolimoni, il mostro di Roma” (1972) di Damiano Damiani o lo sprovveduto emigrante italiano in Svizzera in “Pane e Cioccolata” (1974) di Brusati. Nel 1974 è la volta di “C’eravamo tanto amati” di Scola e nel 1980 con “Café Express” di Nanni Loy, ottiene un altro Nastro d’argento.

Altre sue memorabili interpretazioni drammatiche sono quelle di “In Nome del Papa Re” (1977), altro Nastro d’argento, “Secondo Ponzio Pilato” (1986) e “In Nome del Popolo Sovrano” (1990) tutti film con la regia di Luigi Magni.
Anche come regista ha successo. Nel 1962 debuttò dietro la macchina da presa con un pregevole cortometraggio, L’avventura di un soldato, episodio del film L’amore difficile, tratto dall’omonima novella di Italo Calvino, delicata e notevole storia sullo sbocciare di un amore tra un soldato e una vedova nello scompartimento di un treno, tutto giocato sul silenzio e sulla mimica. La sua seconda regìa è lo stupendo Per grazia ricevuta (1970), pervaso da sincera commozione, col quale si aggiudica la Palma d’Oro per la miglior opera prima al Festival di Cannes e un Nastro d’Argento per il miglior soggetto. Ne dirigerà un terzo nel 1981, Nudo di donna, ereditandone anche il tema da Alberto Lattuada che lo iniziò, sulla crisi d’identità di un uomo che scopre una sosia perfetta della moglie dal carattere allegro e disinibito, mentre la consorte è seria e posata.

Molto attivo alla radio, ospite d’onore in trasmissioni di ogni genere, si è esibito, e con successo, anche come cantante: nel 1970 la sua versione del classico di Ettore Petrolini Tanto pe’ canta’ (risalente al 1932) raggiunge le primissime posizioni della Hit Parade.  Sul palcoscenico rientrò tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 da assoluto protagonista delle commedie, da lui anche scritte e dirette, Gente di facili costumi (1987), Viva gli sposi! (1989) e Parole d’amore… parole (1992), in seguito portati più volte in tournée.

Sempre in televisione ottiene grande successo nel 1993 interpretando il ruolo del poliziotto nello sceneggiato prodotto dalla Rai “Un commissario a Roma” e nel 1997 con la mini serie “Linda e il Brigadiere“, accanto a Claudia Koll. Nel 1999 è uno dei protagonisti di “Meglio tardi che mai“, film Tv diretto dal figlio Luca con cui aveva aveva già lavorato l’anno precedente nella sua prima regia “Grazie di tutto“, oltre che in più di 90 spot pubblicitari. Nel 2000 è interprete di “Una storia qualunque” e nel 2002 di “Un difetto di famiglia” entrambe fiction tv dirette dal Alberto Simone, suo genero. Il 2003 lo vede ancora protagonista sia al cinema (“La fine di un mistero” di Miguel Hermoso) che in televisione (“Chiaroscuro” di Tomaso Sherman, “La notte di Pasquino” di Luigi Magni, “Un posto tranquillo” di Luca Manfredi). Nello stesso anno, riceve il Premio Bianchi del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici nel corso della Mostra del Cinema di Venezia.

Muore a Roma all’età di 83 anni il 4 giugno 2004, dopo essere stato circa un anno in coma. Oltre alla moglie Erminia, lascia tre figli: Roberta (che si occupa di produzione ed è la moglie del regista Alberto Simone), Luca (che fa il regista ed è stato sposato con l’attrice Nancy Brilli) e Giovanna. Per una strana coincidenza muore nello stesso giorno in cui dieci anni prima era morto Massimo Troisi.



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