Torre di Sant’Eleuterio a Arce

Torre di Sant'Eleuterio a Arce
La Torre di Sant’Eleuterio o “Torre del Pedaggio” ad Arce in provincia di Frosinone è sita in località Campolato e sorge su un costone della sponda sinistra del Fiume Liri, secolare confine tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio. Il fortilizio, composto dalla torre a pianta quadrata e dal recinto fortificato, costituisce un complesso architettonico di epoca medievale posto a controllo di un ponte e svolgeva una funzione doganale. La più antica testimonianza relativa alla torre risale al 30 aprile 1431, menzionata come “turris Campilati” in una lettera del papa Eugenio IV. Nel 1441 e nel 1453 vi soggiornò Alfonso il Magnanimo che nel 1449 la affidò a Carafello Carafa insieme ad altri passi di Terra di Lavoro. Alta circa 19 m la torre è articolata su cinque livelli alcuni dei quali coperti da volta a crociera e comunicanti per mezzo di botole. La superficie muraria esterna presenta una cortina dalla lavorazione accurata in cui sono impiegati blocchetti calcarei ben squadrati disposti a filaretto che evidenziano la finalità anche simbolica e rappresentativa della struttura. Tale connotazione è resa esplicita dalla presenza sul lato est di tre scudi di tipo gotico disposti in verticale e inquadrati da una cornice. Lo stemma superiore è l’emblema della casa d’Angiò (Angiò antico o di Napoli): la partizione sinistra è seminata di gigli con lambello a cinque pendenti, mentre la destra reca la croce di Gerusalemme. La presenza dello stemma degli Angiò di Napoli consente datare la costruzione della torre tra il XIII secolo e il 1381. Lo stemma centrale, costituito da uno scudo pieno a cinque fiamme serpeggianti, trova analogie con una delle varianti dell’insegna dei Bentivoglio. La sommità della torre doveva presentare un coronamento di merli o una struttura lignea aggettante e poggiante sui mensoloni ancora visibili tra cui si aprivano le caditoie per la difesa piombante; nella base rocciosa posta in basso è presente una grotta a cui si accede dalla sponda del fiume. Il recinto a pianta quadrangolare che circonda la torre ha mura dello spessore di circa 1 metro ed è realizzata con bozze calcaree irregolari. Un tempo era dotato, nella parte superiore, di un filare a triplice mensola aggettante e caditoie per la difesa piombante e un camminamento di ronda interno. La porta di accesso, difesa lateralmente da due arciere cruciformi, presenta elementi riconducibili a un sistema di chiusura a ponte levatoio: l’incavo di alloggio della porta e le mensole interne ove ruotava l’argano di sollevamento. Le operazioni doganali erano molto semplici: dopo aver pagato una tassa, tanto all’entrata, tanto all’uscita dal Regno, i viaggiatori ricevevano una bolletta che dovevano restituire agli ultimi custodi dei passi; era dato loro anche un lasciapassare in cui era indicato il numero delle persone, degli animali, la quantità di moneta o di merce che portavano con sé, la meta e lo scopo del viaggio. In genere questi passi appartenevano a privati o feudatari oppure era di proprietà del fisco. Nel ‘500 il recinto fortificato fu adibito a osteria con la costruzione di una parete interna e la creazione di un piano sopraelevato. La Nota, et lista di tutte l’entrate del ducato di Sora e Arce, risalente alla prima metà del XVI secolo, riferisce che il “Passo et Hosteria de Campolato” erano proprietà del principe di Urbino. Successivamente il ducato fu acquistato da Giacomo Boncompagni che nel 1584 diede in affitto il “l’hosteria et passo della Torre di Campolato”. Il ponte fu fatto demolire dal principe Gregorio Boncompagni Ludovisi, per attenersi ad una disposizione fissata dalla Regia Corte di Napoli nel 1690. Con ogni probabilità l’osteria smise di funzionare a seguito della distruzione del ponte. (Tratto dal sito: www.prolocoarce.it) Fonti bibliografiche – P. Cayro, Storia sacra e profana d’Aquino e sua diocesi, libro I, Napoli 1808 (ristampa anastatica, Pontecorvo 1981) – F. Corradini, …di Arce in Terra di Lavoro, Arce 2004 – F. Corradini, G. Lützenkirchen, G. Violetta, S. Eleuterio nella tradizione arcese, in Il culto dei santi nel Lazio meridionale tra storia e tradizioni popolari, Anagni 1996 – R. Fraioli, Memorie di un paese. Le immagini di Arce nella “filigrana” della storia, Montecassino 2005 – G.G. Grossi, Lettere istoriche-epigrafiche e scientifiche illustrative delle antiche città de’ Volsci indi Lazio nuovo, vol.II, Napoli 1816 – Suavis terra, inexpugnabile castrum. L’alta Terra di Lavoro dal dominio svevo alla conquista angioina, a cura di F. Delle Donne, Arce 2007 – V. Tavernese, Storia e leggenda di un santo e del suo santuario, Isola del Liri 1979 – G.A. Violetta, Sant’Eleuterio. Storia, fede e leggenda, Arce 2021

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